Ricordi della Pasqua, la Veglia

Sul sagrato della nostra chiesa parrocchiale, sabato sera 20 aprile si è dato inizio alla celebrazione pasquale della risurrezione di Gesù Cristo nostro Signore, con la liturgia della Luce, la benedizione del fuoco, simbolo di luce e di vita. Per antichissima tradizione questa è «la notte di veglia in onore del Signore» (Es 12,42), giustamente definita «la veglia madre di tutte le veglie» (s. Agostino). In questa notte il Signore «è passato» per salvare e liberare il suo popolo oppresso dalla schiavitù; in questa notte Cristo «è passato» alla vita vincendo la grande nemica dell’uomo, la morte; questa notte è celebrazione-memoriale del nostro «passaggio» in Dio attraverso il battesimo, la confermazione e l’eucaristia. Vegliare è un atteggiamento permanente della Chiesa che, pur consapevole della presenza viva dei suo Signore, ne attende la venuta definitiva, quando la Pasqua si compirà nelle nozze eterne con lo Sposo e nel convito della vita (Ap. 19,7-9). 

Il celebrante Mons. Leone, coadiuvato dai sacerdoti della parrocchia dopo aver benedetto il fuoco ha acceso il cero pasquale che simboleggia la luce di Cristo risorto che vince le tenebre della morte e del male.Una devota e partecipata celebrazione liturgica, all’interno della quale i fedeli hanno condiviso la luce del cero pasquale. Il celebrante ha poi cantato con tono solenne l’Exsultet ,  o preconio pasquale che viene cantato la notte di Pasqua nella solenne Veglia. Con esso si proclama la vittoria della luce sulle tenebre, simbolizzata dal cero pasquale che viene acceso, e annuncia la risurrezione di Cristo e il declamante invita tutta l’assemblea a gioire per il compiersi della profezia del mistero pasquale, ripercorrendo nel canto i prodigi della storia della salvezza.

 Dal Vangelo secondo Luca, cap. 24: Il primo giorno della settimana, al mattino presto [le donne] si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 
Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”». Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.
 Parola del Signore. Dopo le letture liturgiche e una breve omelia di Don Leone, nella quale ha ribadito l’invito a rimodellare il proprio vissuto quotidiano sull’esempio di Gesù Risorto,  Don Tarcisio ha proclamato nel canto le Litanie dei Santi e Don Diego ha benedetto l’acqua battesimale con il cero pasquale. Prima dell’offertorio si sono celebrati i sacramenti del Battesimo e della Cresima a  Denisa Marta, che dopo un percorso di formazione neocatecumenale, guidato da Suor Stefania e Anna Zenoni ha chiesto di ricevere i sacramenti dell’iniziazione. Per “iniziazione cristiana”, infatti, si intende il cammino di fede che, grazie ai sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia, inserisce nel mistero di Cristo e della Chiesa, cioè fa diventare cristiani. È un itinerario progressivo ed unitario, che nasce dall’annuncio, si approfondisce nella catechesi e trova il suo culmine nella celebrazione dei tre sacramenti, i quali non sono, perciò, tre azioni sacre autonome e senza collegamento, ma «sono tra loro talmente congiunti, da essere richiesti insieme per la piena iniziazione cristiana» (CIC, can. 842, § 2)