La chiesa parrocchiale

Nel 1739 Torre Boldone era un paese abbastanza grande, ma sviluppato in modo non armonico. Gli insediamenti erano costituiti a nuclei, intorno alle cascine dei contadini e non esisteva un “centro”. Di solito i paesi si sviluppano attorno alla chiesa, ma nel nostro caso questa era situata in posizione troppo defilata, nella zona bassa del paese, a ridosso dell’antica strada rubra. Già a quel tempo, però, la nuova strada tagliava il paese molto più centralmente e gli abitanti delle zone collinari avevano ottenuto il permesso di costruire una chiesetta nella zona della Ronchella. Il timore che questo potesse spaccare il paese – oltre alle ridotte dimensioni della chiesa parrocchiale del tempo – spinse il parroco (don Marinoni, che destinò a questo scopo tutti i suoi averi) a costruire una nuova chiesa parrocchiale, ampia e centrale rispetto al paese.

Il terreno più adatto, adiacente alla strada della Valle Seriana, non era però della parrocchia, ma del Capitolo di S. Alessandro: così venne scambiato con altri terreni in zona S. Martino Vecchio e, dopo non pochi intoppi (tra cui la richiesta del permesso a Venezia, che non ne dava facilmente, per la costruzione di nuove chiese), ebbe inizio la costruzione della nuova parrocchiale. Il terreno misurava “9 pertiche, 3 tavole, 5 piedi e 5 once”. Il progetto della nuova chiesa fu affidato certamente a un Caniana, molto probabilmente proprio a Giambattista, l’esponente più famoso della bottega di artisti.

La cosa eccezionale di questa chiesa è che è stata costruita esclusivamente con le offerte dei parroci e degli abitanti, che si sacrificarono all’inverosimile per permetterne la costruzione. Lo zelo, i sacrifici e l’amore che i nostri antenati ebbero per la costruzione della loro chiesa furono riconosciuti e apprezzati anche dal vescovo, che nel 1776 decise di concedere alla chiesa il titolo di Prepositurale e al parroco quello di Prevosto.

Ultimata nelle sue parti essenziali, la chiese venne solennemente benedetta  il 14 novembre 1745 e il S.Sacramento venne portato in solenne processione dalla vecchia chiesa alla nuova. In quel momento nacque il toponimo di “S. Martino vecchio” per indicare la vecchia chiesa parrocchiale ma anche il quartiere che la circonda.  Vennero poi trasferite le reliquie e  tutte le suppellettili: statue, quadri, marmi, paramenti e altro.

I morti cominciarono ad essere sepolti nella nuova chiesa: il primo fu un bambino. Davanti all’altare maggiore c’era la tomba dei parroci e dei preti, nella navata le tombe comuni e quelle delle famiglie più importanti.  L’ultimo parroco ad essere sepolto nella chiesa parrocchiale fu don Pietro Poloni, che di adoperò moltissimo per completarla e per dotarla di reliquie che faceva venire direttamente da Roma, ognuna accompagnata dalla sua bolla di autenticità.

Il 25 settembre 1864 la nuova chiesa venne solennemente consacrata col titolo di San Martino di Tours e nell’altare vennero inserite le reliquie dei santi Benedetto, Vincenzo e Valentino.  Nel 1892 venne costruito, su progetto di Elia Fornoni, il prolungamento verso il sagrato; due anni dopo venne posato il pavimento in marmo bianco di Seravezza e nero di Varenna.

Nel 1964 l’arcivescovo Clemente Gaddi  consacrò il nuovo altare maggiore, includendovi le reliquie dei santi Clemente e Martino. In occasione della posa del nuovo altare post-conciliare in marmo nero si è anche provveduto alla sistemazione del presbiterio, compresa la posa del pavimento.

Il portale di bronzo è stato offerto alla chiesa – e alla comunità parrocchiale – dal parroco don Morelli in ricordo della madre.

In anno recenti la chiesa è stata interessata da lavori di manutenzione e ristrutturazione, tra i quali il nuovo impianto elettrico, che permette di ammirare tutta la chiesa nella sua bellezza.

Torniamo per un momento al 1786, quando i capi famiglia di Torre Boldone si riunirono  per decidere di portare a termine i lavori della chiesa. Fu in quell’occasione che per la prima volta si parlò di un campanile vero, in muratura, più dignitoso della struttura in legno, posta davanti alla chiesa, che sosteneva le campane. ssa. I problemi furoni molti: le lioti anche, perché non si riusciva a decidere dove mettere il campanile: chi lo voleva dietro la chiesa, chi proprio davanti sul sagrato …alla fine questi prevalsero, e il campanile fu eretto: per le strutture fu deciso di abbattere gli alberi vecchi di Mirabella e della Barzizza, con l’obbligo di sostituirli con i moroni. Ma a questo punto ci sono problemi tecnici, così il campanile deve essere costruito in altro luogo: altri riunioni, discussioni a non finire e finalmente il campanile, su progetto dell’arch. De Capitanio (o del Cagnola?) arriva: di mattoni di cotto, a base quadrata che salendo in altezza prende la forma ottagonale che richiama quella della chiesa, e poi al culmine diventa circolare, sormontato da una cupoletta rotonda. L’orologio arriverà nel 1811, le campane nel 1818. Furono requisite nel periodo dell’ultima guerra: quelle che sentiamo ora sono lì dal 1953

La facciata, molto elegante, si presenta oggi con il corpo di ampliamento progettato da Elia Fornoni. E’ adornata da 8 statue di santi protettori e particolarmente venerati, poste su alti piedestalli alla base dei contrafforti della cupola ottagonale: sono San Martino, S. Margherita, S. Giovanni Battista, S. Ambrogio, S. Celestino Papa, S. Giacomo Apostolo, S. Alessandro, S. Eufrosia.

La pianta è a croce greca, con cupola centrale ottagonale che poggia su 4 grandiosi archi a tutto sesto e quattro pilastri, entro i quali sono ricavati i vani per due altari e due confessionali. Il presbiterio, con l’altare maggiore e due cappelle laterali con altare, concludono la pianta.

Nel 1964 l’arcivescovo Clemente Gaddi  consacrò il nuovo altare maggiore, includendovi le reliquie dei santi Clemente e Martino. E’ opera del 600-700 ricco di marmi pregiati (rosa del Garda, giallo mora, nero grande antico. Anche dal Piemonte viene il pregevole crocifisso in legno. L’altare comunitario in marmo nero di forme purissime è opera dell’arch. Giuseppe Gambirasio jr fatto dalla ditta Remuzzi, che ha posato anche il pavimento del presbiterio.