LE DUE PARROCCHIALI CAP.II

La chiesa è il luogo del celebrare.

La sua stessa forma, ma anche le decorazioni, la disposizione degli arredi, l’illuminazione: tutto ci guida verso gli spazi dedicati alla celebrazione, alle celebrazioni.

Percorriamo idealmente la navata della nostra chiesa, diretti verso l’altare, e vediamo le fonte battesimalecaratteristiche storiche e artistiche di questi spazi, di questi luoghi.

Appena entrati in chiesa incontriamo il fonte battesimale, attraverso il quale siamo fatti degni di entrare nella Chiesa.

Il nostro è formato da due parti distinte, che si vedono a occhio nudo.

La parte inferiore è costituita da una vasca a forma di coppa, in marmo bianco scolpito,datata dagli esperti al XIXsecolo.

Dalla base triangolare parte uno stelo su cui poggia la vasca.

La parte superiore, molto interessante, proviene con ogni probabilità dall’antica parrocchiale di s.Martino Vecchio, dove certamente completava una struttura andata perduta.

In legno scolpito, dipinto a simulare il marmo, intarsiato e in parte anche dorato, ha una forma esagonale, poco consueta per i battisteri, solitamente ottagonali (ai sei giorni della creazione e al settimo che Dio dedicò al riposo, si aggiunge l’ottavo giorno, quello della pienezza che deriva dalla salvezza).

Ma se pensiamo a S.Agostino, che ne La città di Dio scrisse: «Sei è un numero perfetto di per sé, e non perché Dio ha creato il mondo in sei giorni; piuttosto è vero il contrario.

Dio ha creato il mondo in sei giorni perché questo numero è perfetto, e rimarrebbe perfetto anche se l’opera dei sei giorni non fosse esistita».

Allora comprendiamo che certo non fu per caso, se lo scultore che costruì il nostro battistero lo fece a sei facce.

Nel passato, ogni cosa aveva un significato, ogni elemento rappresentava un simbolo: scegliere il primo numero perfetto per costruire un battistero assume quindi un significato davvero alto.

Le sei facce, separate da lesene dorate a forma di cariatide, sono sormontare da una trabeazione nella quale sullo sfondo scuro spiccano decorazioni vegetali dorate; sopra le lesene ci sono testine di angioletti.

Sopra la bassa struttura aggettante si trova una semplice decorazione esagonale sormontata infine da una cupola.

Proseguendo il nostro cammino vediamo, su entrambi i lati della struttura aggiunta alla chiesa per ampliarla, due confessionali: settecenteschi, sono in legno di noce, con inserti in radica racchiusi in decorazioni; la struttura è classica ed elegante e sono sormontati da timpani aperti.

Altri due confessionali, identici come stile ma più grandi, sono posizionati nello spazio centrale della navata, all’incrocio col transetto, e occupano due degli otto lati della struttura ottagonale della chiesa.

Il confessionale, il luogo della riconciliazione; il luogo dove ciascuno può deporre nelle mani e nel cuore del Signore, attraverso il sacerdote, le proprie colpe, i propri errori; ma anche chiedere aiuto e sostegno, chiedere e ottenere il perdono del Padre misericordioso.

A questo punto, salvati dal Battesimo e purificati dalla Penitenza, possiamo volgere lo sguardo al cuore della chiesa, al quale tendiamo fin dall’ingresso: il presbiterio, l’altare, la mensa, il tabernacolo.

La nostra chiesa ha un presbiterio sopraelevato di tre gradini rispetto all’aula: oggi è aperto, dopo che le balaustre originarie furono eliminate per dare spazio all’altare moderno.

Chiuso sul fondo dal coro in legno, semplice ed elegante, presenta al centro il grande altare barocco in marmi preziosi, colorati e intarsiati, voluto dal parroco don Carlo Angeloni dopo che quello originario, in legno, si era fortemente deteriorato col tempo.

L’altare è il cuore della chiesa, di ogni chiesa; e il nostro altare presenta nello spazio del paliotto proprio una specie di cuore di marmo rosso.

tabernacoloSull’altare spicca, sempre costituito da marmi colorati, il tabernacolo, chiuso da uno sportello in rame dorato e cesellato che raffigura il pellicano che nutre i suoi piccoli con la sua stessa carne.

Il pellicano è da sempre un simbolo cristologico, perché anche Gesù ha sacrificato il suo corpo per noi.

Due nicchie, ai due lati del presbiterio, ospitano una struttura in legno con ripiani (a sinistra) e uno scranno a tre posti, dove si siedono i sacerdoti durante le celebrazioni (a destra).

Entrambe le nicchie sono arricchite da dipinti: la cena in Emmaus e la Deposizione.

Oggi i grandi altari non servono più: il sacerdote celebra davanti ai fedeli e con i fedeli. Tutti partecipiamo con lui all’Eucarestia.

Per questo sono nati i nuovi altari post-conciliari, rivolti verso l’assemblea.

Sono spesso strutture semplici, perché non devono catturare su di sé l’attenzione dei fedeli, che deve andare tutta al mistero che su quella mensa si compie ogni giorno.

Anche il nostro “vecchio” altare oggi non serve quasi più, sostituito dalla mensa moderna voluta dal Concilio Vaticano II per la celebrazione del santo sacrificio dell’Eucarestia.

altare nuovoSi tratta di un pezzo unico di marmo nero, semplice e molto elegante, che però pare occupare troppo spazio nel nostro presbiterio, che già ospita il grande altare barocco.

Dello stesso stile e materiale dell’altare è l’ambone, dove si celebra la Parola.

Rimangono a ricordo del “vecchio” modo di celebrare la Parola, i due pulpiti sopraelevati, in legno intagliato, dipinto e dorato, ai quali si accede da scalette interne.

pulpitiDue pulpiti, in cornu epistolae e in cornu evangelii, perché il Vangelo e le epistolae venivano proclamati in posizioni diverse.

Nel medioevo, quando tutte le chiese erano orientate, il Vangelo veniva letto rivolti verso nord (quindi il pulpito era posizionato a sinistra dell’altare, guardandolo dall’aula), perché il nord era considerato il luogo delle tenebre, che potevano così venire sconfitte dalla Luce della Parola.

Ancora una volta, nulla era lasciato al caso, ma ogni cosa aveva un profondo significato simbolico.

Oggi i due pulpiti tipi non servono più: solo qualche volta i fotografi fanno capolino da lì per scattare foto più panoramiche, durante le celebrazioni solenni.

Ma chi, tra i non più giovanissimi, non ricorda i parroci di un tempo, che da quei pulpiti tuonavano con forza contro il peccato e il male, magari col timore che facessero qualche nome o additassero pubblicamente i peccatori?

Per chi ha vissuto il passaggio ai dettami e alle novità del concilio Vaticano II è facile scoprire nella nostra chiesa i segni dei cambiamenti.

Non c’era stato, nella Chiesa, un cambiamento così importante dai tempi del Concilio di Trento (voluto da Papa Paolo III, iniziato nel 1545 e terminato nel 1563), che pose al primo posto l’Eucarestia.

Per questo le nostre chiese da allora hanno altari capaci di ospitare le “macchine” per l’esposizione del Santissimo; per questo la presenza del Santissimo è segnalata dalla luce rossa posta nel presbiterio; per questo sopra i tabernacoli nascevano spesso strutture a forma di tempio, per fare da degna cornice all’ostensorio, e dal soffitto si potevano far scendere grandi teli che, come sipari, aumentassero la scenografia necessaria a far comprendere l’importanza dell’Eucarestia.

Tutto, nella nostra chiesa e in tutte le chiese, ci guida ancora verso l’altare, verso la pietra sacrificale e la mensa, verso Cristo, verso l’Eucarestia.